The Spaghetti Project

Quale Sostenibilitá Per Le Aziende Alimentari? Il Caso Del Pastificio Antonelli (A)

Premessa

Cesare Barca, direttore commerciale e marketing del Pastificio Antonelli di Foggia aveva un problema. Un problema serio al quale doveva trovare una soluzione, il prima possibile. E comunque prima della prossima riunione del consiglio d’amministrazione, quando avrebbe dovuto presentare il concept della nuova linea “Buona fino in fondo”: vari formati di pasta per una clientela attenta alla salute, all’ambiente e al sociale.

1.1. La storia del Pastificio Antonelli

La E. Antonelli S.p.A. produce pasta di semola di grano duro da più di 100 anni: è una storia iniziata agli inizi del secolo scorso grazie al fondatore, Evandro Antonelli, che realizzò a Casamassima (Bari), comune agricolo nel centro delle vaste pianure pugliesi, il suo primo molino per la macinazione del grano. Oggi 180 persone lavorano in tre stabilimenti dove ogni giorno vengono prodotte 900 tonnellate di pasta secca, 35 tonnellate di pasta fresca, 60 tonnellate di biscotti partendo da 1.000 tonnellate di grano duro e 40 tonnellate di grano tenero.
La filosofia della Antonelli è scritta su un pannello all’ingresso degli uffici: “Esaltare il piacere del mangiar bene per noi vuol dire proporre alimenti genuini che ben si inseriscono in una alimentazione equilibrata: controllo qualità, attenzione all’ambiente, salute e sicurezza sono le nostre carte vincenti”.

1.2. Le richieste da parte degli stakeholder

Se, come aveva suggerito il presidente, il posizionamento doveva essere quello della sostenibilità, era evidente che occorreva partire da un dialogo con i diversi stakeholder che avrebbero potuto sostenere in modo più o meno esplicito la nuova linea.
Barca, accompagnato dalla responsabile per le relazioni esterne, Deborah Greco, aveva incontrato i rappresentanti delle principali associazioni interessate. L’incontro più lungo era stato quello con Egidio Amoruso direttore per la Puglia dell’Unione Coltivatori che aveva chiesto come prerequisito di qualunque collaborazione la garanzia che si fosse rispettato il principio del chilometro zero: “tutta la fornitura deve essere pugliese, perché noi sosterremo solo i produttori che fanno una scelta di campo… in tutti i sensi” e, ovviamente, “occorre sin d’ora dichiarare quello che sarà il prezzo minimo riconosciuto al coltivatore”.
Altro incontro molto utile era stato quello con Salvatici, della delegazione pugliese di Ambiente Nostro il quale, non prestando particolare attenzione alla provenienza del grano, dava invece per scontato che un brand realmente sostenibile dovesse dichiarare un impatto (soprattutto in termini di carbon footprint e water footprint) minore rispetto a tutti i concorrenti. Se così non fosse stato, loro sarebbero stati i primi a condannare il lancio della nuova linea come una banale manovra di greenwashing “E sarei molto stupito se il vostro prodotto non fosse biologico…” aveva concluso Salvatici.
La Lega Consumatori, nella persona della sua rappresentante Giorgia Mazzotta, aveva dato a Barca indicazioni meno categoriche, richiedendo solo che la qualità del prodotto fosse eccellente (a un prezzo ragionevole e possibilmente integrale) e che sull’etichetta comparissero tutte le indicazioni nutrizionali per un consumo consapevole. Da un po’ di tempo giravano voci sui possibili rischi della pasta (p.e. per eccesso di glutine, elevato indice glicemico, micotossine, ecc.) che poteva portare anche in chi non fosse intollerante effetti negativi sulla salute. Occorreva dunque dare tutte le necessarie informazioni ai consumatori, direttamente sulle confezioni dei prodotti. E questo probabilmente avrebbe richiesto l’uso di una confezione di cartoncino per stampare il testo necessario.

You can't just eat good food. You've got to talk about it too.
You can't just eat good food. You've got to talk about it too.

1.3. Il dilemma di Cesare Barca

La cosa più semplice, apparentemente, sarebbe stata quella mettere insieme le varie richieste e produrre una pasta biologica integrale a chilometro zero, realizzata con il solo grano pugliese, in astucci di cartoncino riciclato corredando il tutto con una dichiarazione ambientale di prodotto certificata, a un prezzo competitivo rispetto ai principali concorrenti locali e nazionali.
Purtroppo questo era impossibile, per almeno quattro motivi.

  • Il grano biologico pugliese - ammesso che ce ne fosse stato abbastanza sul mercato (in alcune annate il raccolto poteva
    essere particolarmente scarso) - era comunque troppo caro per consentire, ai prezzi correnti, una sostenibilità economica alla
    Antonelli;
  • La pasta integrale, per quanto oggettivamente più sana di quella realizzata con la farina bianca, aveva un sapore particolare, non gradito a una buona parte dei consumatori in quanto incideva sul risultato finale delle ricette;
  • La pasta integrale, per quanto oggettivamente più sana di quella realizzata con la farina bianca, aveva un sapore particolare, non gradito a una buona parte dei consumatori in quanto incideva sul risultato finale delle ricette;

La cosa più semplice, apparentemente, sarebbe stata quella mettere insieme le varie richieste e produrre una pasta biologica integrale a chilometro zero, realizzata con il solo grano pugliese, in astucci di cartoncino riciclato corredando il tutto con una dichiarazione ambientale di prodotto certificata, a un prezzo competitivo rispetto ai principali concorrenti locali e nazionali.
Purtroppo questo era impossibile, per almeno quattro motivi.

1.4. Domanda didattica

Immedesimandovi nel ruolo di Cesare Barca, definite una possibile soluzione al suo dilemma. Immaginate i passi da fare, le eventuali ulteriori informazioni da raccogliere e la decisione da prendere: proseguire o meno sulla strada della sostenibilità e in che modo? Se sì, come argomentare la decisione con i colleghi?

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